Può il linguaggio in qualche modo influenzare il nostro modo di pensare?
L’ipotesi di Sapir-Whorf o “ipotesi della relatività linguistica“, afferma che il modo di esprimersi determina il modo di pensare.
L’origine dell’ipotesi di Sapir-Whorf prende spunto dal lavoro del tedesco Franz Boas, antropologo e maestro di Sapir.
Negli Stati Uniti Boas studiò le lingue dei nativi americani di diverse famiglie linguistiche e si rese conto di come gli stili di vita e le espressioni linguistiche variassero moltissimo da un posto all’altro. Comprese che la cultura e gli stili di vita di un popolo si riflettono sulla lingua che parla.
Tra gli esempi più noti di relatività linguistica di Whorf ci sono casi in cui una lingua indigena ha diversi termini per un concetto che è descritto solo con una parola nelle lingue europee (Whorf usava l’acronimo SAE “Standard Average European” per alludere a strutture grammaticali piuttosto simili delle lingue europee più studiate in contrasto con la maggiore diversità delle lingue meno studiate).
L’allievo di Sapir ,Whorf spiegò al meglio la teoria iniziata da Sapir.
Uno degli esempi di Whorf era il grande numero di parole per esprimere il concetto “neve” nella lingua Inuit.
Un altro ancora le parole nella lingua Hopi per “acqua”una che indica l’acqua potabile in un contenitore e un’altra che indica l’ acqua naturale. Questi esempi di polisemia hanno avuto il duplice scopo di mostrare che le lingue indigene facevano distinzioni semantiche più sottili delle lingue europee e che la traduzione diretta tra due lingue, anche di concetti apparentemente basilari come la neve o l’acqua, non sia sempre possibile.
L’argomento più elaborato di Whorf per la relatività linguistica ,fondamentale nella comprensione del concetto “tempo” tra gli Hopi sosteneva che, a differenza dell’inglese e di altre lingue , gli Hopi non trattano il “ tempo” come una sequenza numerabile, dire ad esempio “tre giorni” o “cinque anni” non ha parole che si riferiscono a unità di tempo.
Whorf morì nel 1941 all’età di 44 anni, lasciando molti documenti inediti. L’evento più importante per la diffusione delle idee di Whorf è stata la pubblicazione nel 1956 dei suoi principali scritti sul tema della relatività linguistica in un volume intitolato” Lingua, Pensiero e Realtà”.
Nella loro narrativa, autori come Ayn Rand e George Orwell hanno esplorato come la relatività linguistica possa essere sfruttata a fini politici. In Rand’s Anthem, una finta società comunista ha rimosso la possibilità di individualismo rimuovendo la parola “io” dalla lingua. Nel romanzo “1984” di Orwell lo stato autoritario ha creato la lingua “Newspeak” per non permettere di pensare in modo critico e quindi criticare il governo, riducendo il numero di parole per limitare il pensiero .
Altri sono stati affascinati dalle possibilità di creare nuovi linguaggi che potrebbero consentire nuovi e forse migliori modi di pensare. Esempi di tali linguaggi progettati per esplorare la mente umana includono Loglan, esplicitamente progettato da James Cooke Brown per testare l’ipotesi della relatività linguistica, sperimentando se i suoi oratori potessero pensare in modo più logico. Gli oratori di Lojban, un’evoluzione di Loglan, riferiscono di sentirsi dire che la lingua migliora la loro capacità di pensiero logico . Suzette Haden Elgin, coinvolta nello sviluppo iniziale della programmazione neurolinguistica, ha inventato il linguaggio Láadan per esplorare la relatività linguistica rendendo più facile esprimere ciò che Elgin considerava la visione del mondo femminile, al contrario delle lingue europee standard medie che considerava una ” visione del mondo centrata sul maschio”.
In una presentazione del 2003 a una convenzione open source, Yukihiro Matsumoto, creatore del linguaggio di programmazione Ruby, ha detto che una delle sue ispirazioni per lo sviluppo del linguaggio è stato il romanzo di fantascienza Babel-17, basato sull’ipotesi di Sapir-Whorf.
ARRIVAL: IL LINGUAGGIO/LA LINGUA COME STRUMENTO
Il racconto di Ted Chiang “ Story of Your Life” ha sviluppato il concetto dell’ipotesi Sapir-Whorf applicata a una specie aliena che visita la Terra. Nel film del 2016 “ Arrival”, basato sul racconto breve di Chiang, l’ipotesi di Sapir-Whorf è la premessa della storia. La protagonista attraverso tutta la successione delle scene del film è la spiegazione dell’ipotesi di Sapir-Whorf secondo la quale la lingua che parliamo determina il nostro modo di pensare.
Arrivano gli alieni (esseri misteriosi con aspetto non umano) su 12 diversi punti della Terra, dallo spazio sconosciuto. Non sono ostili, invitano all’interno delle loro astronavi gli umani e raccolgono con grazia il tentativo di comunicazione da parte degli stessi. L’esercito convoca la professoressa Louise Banks, linguista e traduttrice per sperimentare un primo contatto. Denis Villeneuve pone gli alieni come agenti comunicatori e l’uomo come costretto a una mediazione innanzitutto verbale.
Il principale focus del film è il potere del linguaggio di interpretare la realtà, dare forma al mondo, modulare la nostra percezione poi, la capacità dell’atto comunicativo di costruire un ponte tra due realtà divergenti, la necessità di mediare non solo tra lingua e lingua e tra noi e gli alieni, ma tra popoli della terra, tra singole istituzioni, singole scienze, singole persone e così via, cercando di fondere le diverse soggettività in un organismo comune.
A quel punto si comincia dal cercare un punto di contatto. Il che è molto più problematico di quanto sembri: se hai davanti te un altro essere umano è abbastanza semplice , invece se hai davanti a te un’altra forma di vita, non ci si può permettere il lusso di dare per scontato che sia confrontabile/paragonabile/commensurabile. Per fortuna dei terrestri, in Arrival gli alieni spaziali sono diversi,ma non troppo. Le differenze maggiori sono a livello linguistico.
Primo, l’alfabeto. Già nel nostro pianeta esiste una diversità a riguardo: chi studia lingue orientali molto diffuse come cinese e giapponese sa che il concetto di alfabeto, come quello latino, greco, cirillico o coreano, è un’altra faccenda da non dare per scontata; i geroglifici egizi sono un caso ancora diverso, eppure comparabili e traducibili . Il linguaggio è uno strumento, con molteplici funzioni, ma la sua forma scritta assume sembianze diverse, con meccanismi diversi.
Gli alieni si esprimono con Logogrammi: non c’è relazione con i suoni emessi; c’è una parte visuale che in maniera non alfabetica e non figurativa esprime il senso.
Durante il film impariamo che grazie al duro lavoro di interpretariato i nostri eroi mettono insieme un vocabolario di base abbastanza sofisticato, tanto da consentire scambi di concetti astratti e sociali.
La fragilità della governance internazionale mette in mostra il peggio di se : prima i cinesi, poi i russi impazziscono per cui si decide di sparare alle navette spaziali. Il motivo che spinge i cinesi a dichiarare guerra agli extraterrestri scaturisce dal modo scelto dai militari cinesi per comunicare con essi. L’espediente utilizzato è infatti quello del gioco del majong che, come spiega Louise, non può far altro che tradurre tutta la comunicazione in termini di strategia militare di attacco/difesa. La comunicazione cinese appare dunque già falsata al principio, fino alla prevedibile decisione di espellere i Visitatori dal suolo cinese.
Prima che ciò accada i nostri eroi, linguista e fisico, fanno di nascosto un’ultima sessione comunicativa con gli alieni. La linguista, nonostante una barriera di vetro che separa i due mondi, riesce a ricevere forse telepaticamente quello che secondo il vocabolario Alieno – Inglese viene designato come “weapon”, arma, o “tool”, strumento. I militari recuperano i due umani e si preparano velocemente ad evacuare la zona. Senza dire altro sulla trama, ci sarà un ultimo colloquio privato tra Kang e Louise grazie al quale tutto acquisterà senso: l’ arma è in verità un “dono”.
Ma in che modo una lingua può essere un dono o un’arma o uno strumento?
LA RELATIVITÀ LINGUISTICA: LA LINGUA SEGMENTA IL MONDO
Qui entrano in scena l’ipotesi Sapir-Whorf, ovvero la “Relatività Linguistica” (RL), l’idea secondo cui la padronanza di una lingua naturale porti con sé la chiave per un particolare accesso al mondo.
L’idea è che la nostra cognizione, sia a livello sensoriale, sia a livelli più alti (ragionamento, interazione sociale), possa essere influenzata dalla lingua che parliamo. In che modo? Le lingue influenzano il mondo in maniera diversa le une dalle altre, come è facile accorgersi studiando l’inglese, ma anche solo confrontando il lessico dell’italiano e del nostro dialetto regionale. Il livello più semplice è quello del lessico. Ad esempio lo spettro dei colori percepibili all’occhio umano è uguale per tutti, ma i nomi per i colori no. Secondo alcuni, le lingue del mondo hanno vocabolari più o meno ampi per i colori focali secondo modelli regolari, pur nella diversità. Un giapponese o un cinese avrà difficoltà parlando con noi a definire colori di verde e di blu. Questo non significa che non percepisca la differenza tra i due, come se fosse daltonico.
Secondo la RL, parlare una lingua piuttosto che un’altra cambierà la nostra percezione e orienterà la nostra attenzione verso aspetti della realtà differenti. Tutto questo si riflette nella cultura e rispecchia gli usi simbolici dei colori nelle decorazioni artistiche o nel confezionamento dei vestiti con il loro significato sociale. E una volta che dalla lingua arriviamo alla cultura, tutto è possibile, quanto a differenze di senso e di interpretazione.
Quindi avere padronanza di una lingua è un dono , un’arma. Sarà avere più strumenti per descrivere il modo in cui si svolge un’azione .
Inoltre chi parla la lingua aliena è capace di annullare la linearità del tempo e ha coscienza fenomenologica e capacità di agire nel passato e futuro.
Come la trama del film mostra, non si tratta di compiere azioni contro la fisica, ma semplicemente contro la nostra esperienza lineare del tempo: Louise impara nel “futuro” cose che dice nel “presente”. Abbiamo difficoltà a descrivere ciò che è mostrato dal film con le parole terrestri, impregnate di rapporti temporali lineari.
Studi hanno dimostrato che parlare una seconda lingua può cambiare il modo in cui vediamo il mondo.
Il processo con cui traduciamo non riguarda solo il trasferimento di informazioni e idee da una lingua all’altra, ma anche quali processi di pensiero sono utilizzati e come il destinatario interpreta tali informazioni. Ad esempio se ci occupiamo di ricerche di mercato e di traduzioni di indagini di mercato, le risposte potrebbero variare a seconda della lingua di colui che è chiamato a utilizzare il messaggio.
Quando si tratta di ricerche di mercato e marketing a livello internazionale, è importante capire che il processo di traduzione non è semplicemente una questione di scambio da un testo di partenza nella versione straniera , si tratta bensì di capire la mentalità del madrelingua e come aspettarsi che le informazioni nella loro lingua madre vengano presentate. Prendendo questa assunzione per giusta ci permetterà di avere una maggiore influenza sul pubblico di destinazione rispetto al tentativo di ricreare una traduzione parola per parola, letterale, del testo sorgente.
JOYCE: LA LINGUA PER ANDARE OLTRE LA LINGUA
Joyce è l’autore di due delle opere letterarie dalla forma più sconvolgente del Novecento: l’Ulysses e il Finnegans Wake. La devastazione della nozione regolare del linguaggio che avviene è assoluta: punteggiatura, lessico, sintassi, coerenza testuale . La versione più complessa si trova in Finnegans Wake.
Messaggi morali di Arrival. Nel finale scopriamo che Louise, pur vivendo il suo “futuro” ha agito nel “presente” non sfruttando il suo “potere” e lasciando che alcuni eventi negativi della sua vita avessero luogo, invece di impedirli. Ha accettato quello che sarebbe stato, senza interferire. Ha compiuto una scelta prettamente filosofica: ha accettato il destino senza interferire. Un destino in cui le cose nascono, crescono, risplendono per un attimo e poi decadono.La predestinazione.